Victor Vasarely. L’occhio in movimento

“La fine di un’arte personale per una elite sofisticata è vicina, ci dirigiamo in linea retta verso una civiltà globale, governata dalle scienze e dalla tecnica. Dobbiamo integrare la sensibilità plastica in un mondo concreto…..L’arte del domani sarà un tesoro comune collettivo o non sarà affatto arte”.

“L’arte astratta del futuro tende all’universalità totale dello spirito, la sua tecnica è destinata a svilupparsi in direzione di un generale progresso tecnologico, la sua fattura sarà impersonale se non addirittura codificabile. Sin dalla sua nascita l’arte è di possesso di tutti.”

Sono parole del pittore ungherese Victor Vasarely uno dei più importanti esponenti della Optical art comunemente nota come Op Art.

Vasarely inizia gli studi di medicina che poi abbandona per dedicarsi alla Accademia d’Arte e alla pittura. Nel 1929 frequenta il Műhely, “la Bauhaus ungherese”, fondato da Sandor Bortnyik.  La forte propensione alla forma geometrica prende sostanza proprio frequentando questo istituto.

Fino al 1939 lavora in campo pubblicitario dedicandosi nel contempo allo studio degli effetti ottici nella grafica.

Infatti, dopo la seconda guerra mondiale cambia stile di pittura, iniziando con l’analisi degli astrattismi geometrici  “forme nelle forme”: sassi, cerchi, quadrati e entra a far parte del nuovo movimento della Op Art.

Vasarely acquista una casa a Gordes. I quadri e le opere di questo periodo sono definiti i Gordes-Cristal, contraddistinti da forme semplificate e pochi colori, soprattutto giallo, verde e nero. Un linguaggio figurativo comunque svincolato dalla realtà naturale.

Nel 1955 l’esposizione alla galleria Denise René di autori e quadri ispirati al cinetismo (oltre a Vasarely, Marcel Duchamp, Alexander Calder, Jesùs Rafael Soto e altri) sancisce ufficialmente l’esordio della Op Art, detta anche: “Le Mouvement” (“Il Movimento”).  I quadri di Vasarely  esposti in quel contesto sono caratterizzati da un forte senso del movimento, costringono  lo sguardo a entrare nelle dinamiche dell’opera, impastandosi con essa e diventandone parte.

Le suggestioni e riflessioni sulla relazione spettatore e opera d’arte sono contenute ne “Il Manifesto Giallo”, scritto per l’occasione.

“La posta in gioco non è più il cuore, ma la retina, e l’anima bella ormai è divenuta un oggetto di studio della psicologia sperimentale. I bruschi contrasti in bianco e nero, l’insostenibile vibrazione dei colori complementari, il baluginante intreccio di linee e le strutture permutate sono tutti elementi della mia opera il cui compito non è più quello di immergere l’osservatore in una dolce melanconia, ma di stimolarlo, e il suo occhio con lui.”

Negli anni sessanta e settanta Vasarely è considerato artista engagè.

Le sue opere sono esposte nelle più importanti gallerie del mondo.

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1 Commento

  1. rabuccia

     /  24 luglio 2013

    L’ha ribloggato su daisuzoku.

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