Pablo Picasso è stato uno dei più grandi artisti multimediali “ante litteram”, ha scoperto e traversato molteplici tecniche pittoriche, ha usato il mosaico, la scultura, la ceramica e, infine, la scrittura, come dimostra questa raccolta di scritti sull’arte, poesie e testi che vi propongo. La lettura del libro è stimolante e consente di comprendere meglio l’approccio di Picasso all’arte, le sorprese sono molte e procurate da un approccio davvero disincantato e moderno.
La prima sorpresa riguarda il suo modo di porsi nel percorso artistico e pittorico, potremmo anche dire, e sbaglieremmo: nell’ambito della sua ricerca. Tutta l’opera di Picasso, in realtà, sembra contraddistinta da una forte spinta verso il nuovo, una ricerca continua sia sul fronte dei soggetti che delle tecniche pittoriche. Dispiace apprendere che non sia così: Picasso infatti sostiene che lui non cerca, trova. Sono le cose, nella loro intrinseca semplicità e bellezza a venirgli incontro. Picasso le raccoglie, proprio come accade a una persona che passeggia su una spiaggia raccogliendo rami lavorati dall’acqua, sassi levigati anche bucati, vetri che somigliano a pietre preziose, conchiglie trasfigurate dal lavoro incessante delle onde.
Emblematiche a questo riguardo due digressioni: la prima contenuta nel passo “Il paesaggio dipinto con gli occhi” e l’altra a proposito del Toro.
Nel paesaggio dipinto con gli occhi le parole compiono un piccolo miracolo, entriamo e facciamo parte, purtroppo s0lo per pochi istanti, dello sguardo indagatore di Picasso. Lo sguardo scruta e analizza il paesaggio, cattura immagini, colori, emozioni fino a cogliere una pesca appesa a una fronda d’albero. Gli occhi di Picasso dipingono la pesca, c’è solo la pesca adesso, e poi la perfezione del frutto nella sua semplicità.
Senza il paesaggio e l’incursione dello sguardo nel paesaggio, la pesca non sarebbe stata trovata, colta e dipinta.
Il Toro, invece, è un’opera molto nota composta da un sellino di bicicletta e da un manubrio, il sellino la testa del toro, il manubrio le corna. Picasso racconta lo stupore provato proprio nel momento in cui la sua mente ha compiuto l’abbinamento delle parti. La metamorfosi di due oggetti, dall’iniziale valore d’uso a una riproposizione di senso acquisita con la costruzione di un’immagine nuova. Ma, al tempo stesso, Picasso ammette di non essere contrario a una seconda, non impossibile, metamorfosi. La metamorfosi provocata da un ragazzo, che vedendo la scultura e desiderando un sellino o un manubrio, finisca per smembrarla riportando i pezzi alla loro natura originaria e quindi anche al loro uso prevalente di cose (comunemente sensate).
L’opera di Picasso, a differenza di quelle di altri grandi sperimentatori, come ad esempio Kandinsky, non è improntata alla ricerca di un altro da sé, da una sorta di tensione metafisica, ma affonda le sue radici, la setola del pennello, la pressione delle mani, nella fisicità della natura. Sono l’essere e l’esistere, in quanto tali, che nutrono la pittura e così la pittura diventa realtà, al punto che le immagini reali paiono sovrapporsi, confondendosi, con le immagini prodotte dalla tavolozza e dal pennello.
Il libro si chiude con una commedia, una parodia grottesca scritta da Picasso nel 1941, quindi nel periodo iniziale della guerra, in cui gli attori principali sono le cose. Ne il “Desiderio preso per la coda” le nostre piccole cose quotidiane diventano protagoniste: Piedone, la Cipolla, la Torta, le Tende, l’Angoscia grassa, il Silenzio, perché è giusto che siano le cose a raccontare quanto possa cambiare la vita a causa della stupidità della guerra. A loro Picasso dedica la battuta finale della breve commedia: “Lanciamo con tutte le nostre forze i voli delle colombe contro le pallottole e chiudiamo a doppia mandata le case demolite dalle bombe.”
Una commedia che ebbe una prima di grande intensità, recitata e musicata in casa di Michel Leiris, con la partecipazione in veste di attori di Simone de Beauvoir, Jean-Paul Sartre, Valentine Hugo, Raymond Queneau, Pablo Picasso e con la direzione di Albert Camus.
In fondo al libro una interessante e completa postfazione del curatore Mario De Micheli, che ha raccolto le poesie che Picasso è andato scrivendo, soprattutto intorno al 1935.